SICUREZZA ALIMENTARE E CAMBIAMENTO CLIMATICO

 
Già nel 1896 il premio Nobel, Svante Arrherius scoprì che le emissioni prodotte dalle attività umane nell’era industriale erano sufficienti per provocare il riscaldamento globale, ora il cambiamento climatico è arrivato e le sue conseguenze sono enormi. Tanti sono gli effetti per la società e la politica ma è l’agricoltura a soffrirne maggiormente.

Lo scioglimento delle nevi e dei ghiacci ha prodotto un innalzamento del livello dei mari e un’intrusione delle acque salate nelle aree costiere, aumentando il rischio di interazioni umane con le specie patogene di batteri, in particolare di Vibrio spp., capaci di riprodursi molto velocemente, adattarsi ai diversi microclimi e muoversi a latitudini più elevate.

Altro rischio è la qualità e la quantità dell’acqua: l’acqua rischia di scarseggiare in molte regioni per il cambiamento climatico e per la crescita della popolazione; alcune aree stanno già esaurendo le risorse. L’aumento delle temperature e dei livelli di anidride carbonica riducono, inoltre, la densità e qualità di alcune colture: campi di grano, riso, piselli e soia hanno un rendimento molto più basso quando crescono in presenza di elevati livelli di CO2.

Gli aumenti di temperatura consentono altresì agli insetti infestanti di prosperare in aree che un tempo erano troppo fredde per loro: le temperature più calde permettono ad alcune specie di ingrandirsi, riprodursi più a lungo, produrre nuove generazioni e aumentare la loro resistenza ai pesticidi. Questo influisce sulla sicurezza alimentare quando gli insetti danneggiano le piante, le rendono più sensibili alle infezioni da muffe che producono micotossine.

Cosa possiamo quindi fare per mitigare il cambiamento climatico? Strategie per affrontare tali problematiche potrebbero essere: ridurre lo spreco alimentare per diminuire le emissioni globali di carbonio, produrre alimenti ponendo particolare attenzione all’impronta ecologica e sostituire le proteine animali con quelle vegetali.

Quando per primo Arrherius predisse il cambiamento climatico nel XIX secolo, pensò che sarebbe stato un vantaggio per l’uomo: questo è vero per alcuni Paesi, come per esempio l’Ucraina, dove si prevede un incremento dei raccolti del 25% nel 2025 ma non per altri: infatti, ad esempio, alcuni coltivatori dovranno trovare nuove cultivar, in grado di adattarsi ad elevati quantitativi di anidride carbonica.

Poiché siamo parti integranti dell’agricoltura e, quindi, della filiera alimentare,  dovemmo creare un continuo dialogo con la classe politica, per incrementare una maggiore consapevolezza e per poter finanziare potenziali soluzioni, al fine di raggiungere un monitoraggio continuo tramite ad esempio nuovi modelli predittivi, test e innovazioni nelle produzioni animali e vegetali.
FONTE: IFT
 
 
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